1986


Tazebao: L'opinione di Pier Luigi Cervellati e Mariella Federico [4.2.1986]

Teatro Galli [L’opinione di Pier Luigi Cervellati dopo l’esito il Concorso di idee del 1985 per la ricostruzione del teatro e la sistemazione di piazza Malatesta a Rimini].

La questione non è tanto “come” verrà sistemata piazza Malatesta – anche se va detto subito che sarà comunque una sistemazione arbitraria in assenza totale degli elementi deducibili solo con un cantiere di restauro in grado di stabilire le quote e i profili dei bastioni interrati della Rocca – quanto e soprattutto la scelta di distruggere per sempre il Teatro del Poletti. Tutti i progetti possono essere validi, premiabili e/o criticabili a parere di qualsivoglia giuria, ma resta il fatto che con il concorso si è decretato di NON ripristinare (e quindi di distruggere) una delle più significative architetture italiane dell’800 e, dunque, fra le più importanti di Rimini. (Il parere non è soggettivo: sono i migliori critici della storia dell’architettura italiana a dimostrarlo). Prioritaria – indipendentemente dal vincitore del concorso – doveva e poteva essere la scelta di mantenere i Teatro del Poletti mediante il suo ripristino filologico. Esiste il progetto e computo metrico originario, ci sono i particolari costruttivi e decorativi e con il rilievo di quanto ancora rimane – dalle fondamenta al foyer, all’attacco dei palchi – confrontato con la documentazione fotografica e storiografica, si sarebbe ripristinato senza errori, senza “falsi storici”, questo edificio fondamentale per la storia dell’architettura teatrale italiana. Aihmè, le grandi architetture del passato, i monumenti, le nostre “patrie” memorie, danno fastidio. A Forlì si distrugge un complesso conventuale settecentesco pur di realizzare uno pseudo-moderno teatro e a Rimini si distrugge – ignorandone forse il valore – un Teatro dell’800 per realizzare, chissà quando una presunta piazza post-moderna. Nell’uno come nell’altro caso le Amministrazioni comunali, con tecnici compiacenti e storici tali solo di nome, in base ad una presunta e falsa continuità dell’evoluzione urbana e in favore della speculazione edilizia, cancellano due importantissime testimonianze; annullano la loro identità storica per imbarcarsi in pericolose e costosissime avventure urbanistiche, quando le loro città sono già profondamente segnate da scempi edilizi moderni e post-moderni. Con la definitiva distruzione del Teatro del Poletti – e di distruzione si tratta, giacché se ne impedisce il ripristino – a Rimini si compie l’ultimo delitto urbanistico all’insaputa dei cittadini. (La presentazione ufficiale, non a caso, è avvenuta nell’intimo di una saletta riservata ai soli invitati…). Il progetto vincitore del concorso è – senza ironia alcuna – un bellissimo progetto, degno senz’altro del 1° premio, a condizione però che il Comune imponga (e lo può ancora fare) il rispetto del teatro ottocentesco, ascoltando democraticamente anche l’opinione di quella maggioranza che aveva sottoscritto il suo ripristino, e rinunci, una buona volta, al fascino perverso del vandalismo urbano. Potrebbe, se così agisse, evitare di ricevere il Premio Attila a cui da tanto tempo aspira.

Pier Luigi Cervellati

[Pier Luigi Cervellati, Teatro Galli, l’opinione di Pier Luigi Cervellati, Tazebao, n. 2 (Rimini 4 febbraio 1986)]

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Il Ponte, Giulia Vannoni: "Galli, ma ci sono i 200 miliardi?" [2.2.1986]

«GALLI», MA CI SONO I 200 MILIARDI?

Presentato alla stampa il progetto vincitore per sistemare il Teatro e Piazza Malatesta

C’è il (giustificato) timore che tutto resti soltanto sulla carta.

di Giulia Vannoni

Un progetto come quello che ha vinto il concorso di idee per la ricostruzione del Teatro Galli e Piazza Malatesta richiederà per la sua realizzazione almeno 200 miliardi di lire.

E con tutte le urgenze che attendono il Comune di Rimini, ci sono fondati motivi per ritenere che questo faraonico progetto vivrà al massimo sulla carte o finirà con l’animare solamente le conversazioni dei riminesi. Del resto già prima del 25 gennaio, data in cui la proposta vincente è stata ufficialmente presentata alla stampa ed alla cittadinanza, le polemiche non erano mancate, innanzi tutto era stata notata l’assenza, tra i progetti segnalati, di illustri nomi dell’architettura italiana come Portoghesi, Cervellati, Aymonino e Samonà, solo per citare i più famosi. Adesso, dopo essere venuti a conoscenza delle intenzioni del prof. Adolfo Natalini e del suo staff (comprendente fra al’altro gli architetti riminesi Bonizzato, Federico e Franchini), le perplessità sono aumentate. Gli occhi dei non addetti ai lavori sono infatti puntati sulla possente torre scenica, un gigantesco cubo troneggiante sull’edificio del Poletti destinato ad accogliere le complesse attrezzature che rendono funzionale la scena di un teatro modernamente concepito. La sua presenza è strettamente subordinata ad aspetti funzionali, come ha spiegato il prof. Natalini, e gli odierni canoni di edilizia teatrale prevedono sempre strutture di questo tipo. Ma ci vorrà del tempo prima che ai riminesi possa divenire familiare questa sagoma che ricorda così da vicino la sfinge della piramide di Chefren. E forse proprio in virtù di questa somiglianza, il progetto di Natalini appare estremamente affascinante e soprattutto molto spettacolare.

Nella nuova ipotesi verrebbero lasciati invariati la Sala delle Colonne – oltre naturalmente alla facciata ed alla Sala ressi – cui seguirebbe una sala di teatro all’italiana con tanto di platea e diversi ordini di palchi (in grado di ospitare complessivamente 950 persone) ed un grande palcoscenico, che ha il vantaggio di essere funzionale su due lati diametralmente opposti. Infatti sul retro del teatro è prevista una cavea all’aperto – da utilizzare durante la buona stagione – con una capienza di ben duemila posti, accolta tra due ali che rappresentano la continuazione delle fiancate dell’edificio, concepite in perfetto stile albertiano, come è d’obbligo a Rimini.

Ma l’ambizioso disegno prevede anche un diverso assetto di Piazza Malatesta che, opportunamente piastrellata, diverrebbe isola pedonale con una zona verde in cui dovrebbe campeggiare il campanile di Santa Colomba.

Verrebbero inoltre riedificati ex novo anche edifici che fiancheggiano entrambi i lati della piazza, previo esproprio da parte del Comune e di quelli attualmente esistenti. Ma forse quest’ultimo creerà all’Amministrazione i maggiori problemi. L’inserimento nel tessuto urbano della città, a detta degli ideatori, risulterebbe non solo indolore, ma addirittura opportuno, permettendo di reintegrare una struttura quale la Rocca Malatestiana e la omonima piazza nel tessuto cittadino, segnato dalla forzata convivenza dell’impianto romano con quello medioevale.

Tutti si auspicano – inutile dirlo – che abbia vinto realmente il migliore, anche se nel corso del dibattito si è avuta l’impressione che la rosa dei progetti prescelti abbia in comune una certa uniformità di tendenze. Anche l’ideazione del secondo classificato, l’architetto Dallerba, non discosta molto da quella di Natalini e si è sentito mormorare da più parti, nonostante le dichiarazioni dei prescelti, che la logica sia quella della demolizione, invece del recupero, del nuovo impianto piuttosto che la continuazione di un discorso interrotto. Ma la validità di queste supposizioni potrà essere verificata solo dopo l’esame di tutti i lavori. Per questo è assai viva la curiosità anche nei confronti delle proposte non segnalate, le quali saranno visibili a tutti a partire da aprile nel corso di una mostra alla Sala delle Colonne. Sarà sicuramente l’occasione per un vivace dibattito e per prendere atto di altri suggerimenti validi che non dovrebbero essere lasciati cadere. Anzi – perché no? – potrebbero essere assemblati in un unico disegno concepito sulla base delle idee migliori, vagliate magari da una apposita commissione.

Oltre agli interrogativi sulla scelta del progetto da realizzare i timori riguardano anche gli oneri economici. C’è il pericolo, del tutto realistico, che costi così imponenti ritardino di molto la parte operativa o la rendano addirittura impossibile.

Anche se il Sindaco Massimo Conti, ha premurosamente rassicurato i cittadini, esprimendo la ferma volontà di rendere possibile la messa in opera. Per quanto riguarda l’aspetto finanziario invece ha parlato di una non meglio precisata possibilità di reperire fondi e contributi da privati.

Ma lo stato attuale delle cose sembra una prospettiva piuttosto remota. Nella eventualità quindi che il progetto salti, molto meglio sarebbe riprendere in esame i progetti originali del Poletti, completi di calcoli ed indicazioni sulla qualità dei materiali, e limitarsi alla esclusiva riedificazione (economicamente più vantaggiosa) della primitiva struttura ottocentesca.

Perché l’importante, non dimentichiamocelo, è che Rimini abbia un teatro. Possibilmente al più presto.

[Il Ponte (settimanale), 2 febbraio 1986]

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