L'Arengo: Sintesi del convegno sul teatro di Fabio Tomasetti [17 dicembre 1983]

INCHIESTA. RICOSTRUIAMO IL TEATRO, MA PER FARCI COSA?

L’Arengo 17 dicembre 1983.

Sabato 17 dalle 10 alle 8 di sera grande successo della «prima» teatrale di «Un teatro nella città», opera-convegno prodotta dal Comune di Rimini. Autori e registi Stefano Cevoli (assessore all’urbanistica) e Ennio Grassi (assessore alla cultura). Argomento: idee per la ricostruzione del teatro A.Galli.

ATTO PRIMO L’ARGUZIA DEL GOVERNO

I registi-attori entrano in scena e con prosa semplice e dimessa espongono il tema: il Teatro è «tema e pretesto» per una operazione culturale ed urbanistica di riqualificazione della città fisica e della società urbana. Dunque il teatro dovrà essere parte di un «Piano per il sistema delle piazze», inserito in un «percorso urbano» che rivaluti la città in sé. Il teatro sarà: luogo di «produzione»; non potrà essere «auto celebrativo» e nemmeno «un fatto lussuoso». Rimini sceglie se stessa come offerta turistica, lascia ad altri la politica della «vetrina». 

ATTO SECONDO BASTEREBBE UNA BUONA DITTA

Questo è il succo della questione, secondo Cervellati, Emiliani e Cavicchi. Infatti: il teatro «è un ‘vuoto’ che deve essere ripristinato», insieme a tutti gli altri ‘vuoti’ (leggi colonie); il teatro «all’italiana è il più grande e perfetto strumento musicale»; esistono i progetti originali a Parma [in realtà Modena], basta andarli a prendere e «già nell’84 si può cominciare la ricostruzione». Il tutto, naturalmente, per «innescare un processo di riqualificazione urbana».

ATTO TERZO IL RE E’ NUDO

La provocazione e lo scherzo a Rimini hanno un nome: Meldini. Che domanda a sorpresa: «E’ scontato che occorre un teatro… e in questo luogo!». Un brivido percorre la scena e il pubblico. Seconda battuta: «Celebrare il passato o il presente è un medesimo errore». Architetti, resuauristi e progettisti, mostrano segni di insofferenza. Terza battuta: se nuovo dev’essere attenti all’architetto «pandidattico» che vuole insegnare a tutti e ognuno ad adoperare gli edifici che inventa. Un distinto progettista cade nella trappola. Meldini è contento.

ATTO QUARTO COSI’ E’ ANCHE SE VI PARE

Meldini ha rimestato le carte, per fortuna, Pier Giorgio Pasini racconta la storia del teatro e di quella parte di Rimini. Con la costruzione del Teatro a metà ottocento si conferma definitivamente l’emarginazione del castello e di piazza Malatesta ridotta a «uno spazio di risulta».Il teatro è stato «un palcoscenico della aristocrazia e dell’emergente borghesia». Ma oggi sono cambiate le condizioni e le coscienze e «una ricostruzione del teatro dov’era e com’era mi sembra assurda».Lo segue Giorgio Conti che con calibrata enfasi oratoria discorre del teatro «monumento allo spreco», e «canto del cigno della perdente aristocrazia». Ma Conti è anche architetto e propone un ripristino urbanistico del sistema delle piazze, una «riprogettazione» che recuperi la qualità urbana.

ATTO QUINTO PROGETTARE NECESSE EST

In un crescendo verdiano [sic], uno, poi due, tre un coro di voci si innalza: sono gli architetti. Che chiedono, vista la complicatezza della questione, di dire la loro. Come? Con «un concorso di idee» la resa scenica è, mi pare, apprezzata sia dal pubblico che dai registi, anche se qualche robusto ottone si lascia andare in virtuosismi fuori scala.

ATTO SESTO TEATRO IN RICERCA DI TEATRO

Solo chi produce teatro poteva rispondere alla domanda meldiniana- E’ Teo de Luigi. Occorrono spazi di lavoro per noi; spazi piccoli e medi; e non a 800.000 lire al giorno come il Novelli. Bisogna «tenere insieme progetto culturale, progetto gestionale e progetto architettonico». Su quest’utimo l’autore-attore è fin troppo chiaro: «nel panorama architettonico riminese manca una vera opera d’arte»; il progetto per il teatro potrebbe essere un’occasione.

ATTO SETTIMO UN’OPERA APERTA NON PUO' ESSERE CHIUSA

Entra in campo il «patron» della giornata, il Sindaco [Massimo Conti]. Che non vuol – essere «dirigistico» ma «punto di coordinamento»di una realtà composita. La questione teatro è uno dei tanti «punti di attacco» sui quali la città e l’intellighenzia saranno chiamati a convegno. Arrivederci e grazie.La rappresentazione è finita. La sala Ressi, che è parte del vecchio teatro, si spegne, e pensa al proprio destino. 8.000 cittadini, intanto, hanno già firmato una petizione del comitato cittadino apposito, presieduto dall’avvocato Pietro Spadaro. Il teatro lo vogliono comunque. Dell’uso si discuterà poi.

Fabio Tomasetti   [L’Arengo, 17 dicembre 1983]