Teatro Galli, gioiello in pericolo
di Tomaso Montanari
IL FATTO QUOTIDIANO, 7 agosto 2013
Durante il 1944 il grande filologo e paleografo Augusto Campana tenne un meraviglioso diario (Le pietre di Rimini: ora pubblicato, dalle Edizioni di Storia e Letteratura) in cui annotò le sue quotidiane piccole grandi imprese nel salvataggio di uno straordinario patrimonio storico e artistico selvaggiamente colpito dai bombardamenti. Raccogliendo frammenti, facendo scoperte, conservando la memoria, Campana sapeva di costruire il futuro: e sperava che quel futuro comprendesse cittadini italiani coscienti di se stessi attraverso la coscienza del patrimonio.Che direbbe se potesse vedere l'assurda vicenda della ricostruzione del Teatro Galli, un gioiello neoclassico distrutto in quei bombardamenti?
L' «Associazione Rimini Città d'arte - Renata Tebaldi» ha ricostruito la vicenda: «Accantonato, a furor di popolo, il costosissimo e devastante progetto “modernista” del 1985 di Adolfo Natalini, modificato in un ventennio 8-9 volte, e costato alle casse comunali fra parcelle e liquidazioni 6 miliardi e 250 milioni di vecchie lire è stata scelta la strada del ripristino filologico, sulla base dei disegni originali dell’architetto Luigi Poletti, indicata dal mondo culturale nazionale e dalle più importanti associazioni di tutela»
Tutto bene, dunque? No, perché ora il Comune prevede di costruire «nel sottosuolo, sotto il palcoscenico, due piani sotterranei, che debordano dal perimetro del teatro e sconfinano per tre metri nell’area del Castello. La enorme “scatola di cemento armato” sotterranea distruggerebbe tutti i reperti finora messi in luce nel cuore dell’antica Ariminum, danneggerebbe la scarpata in laterizio dell’attiguo fossato di Castelsismondo e metterebbe a repentaglio un magnifico platano plurisecolare».
La morale è che «mentre si scaldano le ruspe, il Comune, che dovrebbe per primo tutelare la memoria e i monumenti della comunità nel rispetto delle leggi della Repubblica, dà viceversa il cattivo esempio calpestando i vincoli ministeriali nel reiterato tentativo di distruggere una zona antichissima della città. E, fatto ancora più grave, le Soprintendenze per i Beni Architettonici e Archeologici fanno finta di nulla».