DOV’ERA COM’ERA ALLA RISCOSSA
Rimondini e Renzi: subito il bando europeo
Ma Rosita Copioli frena: “Un compromesso intelligente è meglio che niente”
Rimini – Passato il ciclone Sgarbi, infuria la consueta bufera intorno al teatro Galli. Le affermazioni del neo-sottosegretario ai beni culturali in visita domenica a Rimini – “teatro dov’era e com’era, progetto Natalini da buttare” – fanno esultare chi si è sempre battuto su questa linea. Giovanni Rimondini, prima di tutto, che si è visto dar ragione da Vittorio Sgarbi anche su un’altra questione, quella dell’altare del Tempio malatestiano donato da Napoleone e sostituito da uno moderno. “Finalmente – esclama Rimondini – dopo trent’anni di lotta qualcuno viene a dire la verità. Che è questa: a Rimini i beni artistici sono nelle mani di ignoranti e presuntuosi. Ora l’amministrazione comunale cosa farà? La cultura dichiara che il suo progetto è sbagliato, la città ha detto chiaramente che rivuole semplicemente il suo teatro e non quella cosa lì. Saranno capaci di prenderne atto? Non sono un uomo di destra, ed anzi penso che quella parte politica al potere produrrà solo dei danni. Ma forse sarà proprio la destra a ripristinare la legalità, dopo aver visto un ministro come Veltroni emettere tre decreti in tutta fretta per eludere la legge Merloni sulle regole degli appalti. Ora bisogna appunto ripartire da zero con un bando di concorso europeo, che dovrà portare alla ricostruzione del teatro così com’era”.
E’ invece di destra, ma egualmente contento, il consigliere comunale di An Gioenzo Renzi: “Sgarbi ha ripetuto quello che stiamo dicendo da anni. Ravaioli parla di progetto ’condiviso’. Ma da chi? Forse è condiviso da lui e da Melucci, non certo dai cittadini. Tant’è vero che siamo alla nona stesura e ancora non si vede la fine. Speriamo solo di non dover più spendere soldi pubblici in parcelle milionarie. Fra l’altro, l’ennesimo rimaneggiamento del progetto significa che l’ottava stesura non era affatto un progetto esecutivo, come ce lo avevano voluto presentare in consiglio comunale. La verità è che ormai la questione del teatro è diventata ideologica, proprio come sul caso dell’anfiteatro. Non si tratta più di discutere un’ipotesi progettuale, ma di conservare degli assetti di potere consolidati”.
Più prudente la valutazione di Rosita Copioli, anche lei da anni impegnata nella battaglia sul teatro: “Conosciamo il personaggio Sgarbi ed il sui piacere nel dichiararsi per posizioni clamorose. Che come idee possono essere condivisibili, però c’è anche l’aspetto sostanziale delle cose, la pratica, giunti a questo punto cosa facciamo? Ripartiamo da zero con un bando europeo? Ho l’impressione che la vicenda si complicherebbe ancora di più. E intanto passerebbero gli anni un poco alla volta, invece, eravamo giunti ad introdurre quelle modifiche al progetto originario che avrebbero consentito di salvaguardare quanto più possibile l’idea progettuale del Poletti. Meglio un recupero filologico fatto con intelligenza che ostinarsi lungo una strada non percorribile. Non c’è più tempo per i ripensamenti e gli esperimenti. Abbiamo bisogno di un teatro e nell’attesa abbiamo già sprecato troppi anni”.
[LA VOCE, martedì 19 giugno 2001].