Un’alta palizzata circonda in questi giorni il Teatro del Poletti. Più che a protezione, sembra essere stata alzata per impedire ai cittadini di sapere quali lavori si stiano facendo al teatro inaugurato da Verdi nel 1857.
Il sindaco Gnassi ha annunciato più volte di voler riaprire il teatro entro il 2016 e ha manifestato la volontà di archiviare una vicenda vergognosa che si protrae dal dopoguerra. Dalla mancata copertura del tetto dopo i danni bellici, alle frettolose demolizioni di parti ancora integre dell’edificio negli anni ‘50, dalla scelta sbagliata del “concorso di idee” del 1985, agli enormi sprechi di denaro pubblico nei vent’anni successivi, fra parcelle, lavori avviati e interrotti, conseguenti la serie di otto - nove progetti del gruppo di architetti guidato da Adolfo Natalini.
Nel 2000 la mobilitazione di migliaia di cittadini riminesi, con l’appoggio di Italia Nostra, FAI, Comitato per la Bellezza Antonio Cederna, Rimini città d'arte “Renata Tebaldi”, e il sostegno di Federico Zeri, Claudio Abbado, Riccardo Muti, Maurizio Pollini, Andrea e Vittorio Emiliani, ha sventato il devastante piano di completamento del teatro, che prevedeva una protesi modernista saldata all'avancorpo neoclassico.
Il capolavoro di Luigi Poletti, deve essere restaurato sulla base dei disegni del suo autore, conservati in oltre cento tavole autografe presso l’omonima biblioteca modenese: è quello che hanno chiesto seimila cittadini riminesi sottoscrivendo l'appello e partecipando a un’appassionata manifestazione pubblica, formando una catena umana che ha abbracciato simbolicamente il teatro.
Nel 2001 la svolta, con la visita del sottosegretario per i Beni Culturali Vittorio Sgarbi e l’affidamento del progetto di recupero al sovrintendente regionale Elio Garzillo.
In questo spirito è stato predisposto il “progetto di restauro e di restituzione integrale, filologica e tipologica, della sala e del palcoscenico” (2004), studiato accuratamente, dalla Soprintendenza Regionale dell'Emilia Romagna. Garzillo si è avvalso della consulenza di un restauratore di chiara fama: l’architetto Pier Luigi Cervellati. Il progetto esecutivo del ripristino è stato consegnato gratuitamente al sindaco Ravaioli e recepito dall'Amministrazione comunale (nel 2005).
Ma Ravaioli tergiversa per quattro anni. Nel 2009, su incarico dello stesso sindaco, un “gruppo di progettazione del Comune di Rimini”, opera cambiamenti arbitrari al piano di ripristino filologico, stravolgendo la sala neoclassica, con pilastri in cemento armato, per aumentarne la capienza, inserendo una torre scenica e proponendo due piani sotterranei di servizio sotto il palcoscenico a otto metri di profondità su un’area di 600 metri quadri.
Dopo reazioni severamente critiche e di motivata protesta da parte di Italia Nostra e di Rimini città d’arte “Renata Tebaldi” la Direzione regionale per i Beni Culturali e il Ministero bocciano a ragione lo stravolgimento della sala e l’elevazione della torre scenica e prescrivono sondaggi archeologici sotto la platea e il palcoscenico (2010). Nella zona ci sono, fra strade romane, una domus romana con mosaici e reperti medievali e ottocenteschi. Attiguo al teatro c’è il fossato di Castel Sismondo opera del Brunelleschi.
Nel maggio 2011 il Comune pubblica il bando per la ricostruzione del teatro. Sotto il palcoscenico sono inseriti ancora i due piani sotterranei, che debordano dal perimetro. La costosa struttura in cemento armato, che distrugge le parti ottocentesche del sottopalcoscenico, lede una strada romana e invade l’area di Castel Sismondo (protetta da un lungimirante vincolo ministeriale del 1915), ottiene un incredibile via libera dal Direttore regionale per i Beni Culturali Carla Di Francesco. Si apre così una grossa falla nella linea della tutela, mentre il progetto Garzillo – Cervellati avrebbe rispettato e valorizzato totalmente l’area archeologica, senza rinunciare alla funzionalità moderna del teatro.
Nel 2013, a sondaggi in corso e dopo ulteriori ritrovamenti sotto la platea (si parla di un vasto edificio di età imperiale) si assegnano gli appalti.
Nel 2014 iniziano le demolizioni delle strutture ottocentesche sotto il palcoscenico mentre si procede alla realizzazione attorno al perimetro esterno delle invasive strutture in cemento armato di cui sopra. Attualmente (marzo 2015) le medesime strutture sono state modificate e rinforzate con altro cemento armato e si sono demolite le parti murarie costruite negli anni ’50, quando l’edificio fu destinato prima a fiera e poi a palestra.
In questa prospettiva le incognite sul teatro sono notevoli.
La giunta Gnassi ha la lodevole intenzione di liberare piazza Malatesta dal parcheggio di auto che soffoca il castello, realizzando “un giardino urbano” utilizzabile come luogo di spettacoli.
Perciò si vorrebbe modificare il retro del teatro per inserire un’arena all’aperto in piena area archeologica sopra le strutture di Castel Sismondo, rispolverando l’obsoleta idea di Natalini del teatro bifronte del 1985. Ciò svilirebbe il teatro e il castello. Meglio seguire le indicazioni del grande urbanista Leonardo Benevolo, che nel P.R.G. del 1993, intendeva realizzare un’area archeologica e ripristinare le mura e il fossato del castello valorizzando l’opera del Brunelleschi.
Altra incognita riguarda i lavori al foyer del teatro dove dagli anni ’90 le operazioni sono affidate ad alcuni architetti del gruppo Natalini, che hanno realizzato bagni ricavati nei salotti neoclassici e lavorato alla “sala prove” nel sottotetto della sala Ressi. L’unico segno visibile è la recente apertura di una porta laterale su via Poletti, ottenuta demolendo l’incorniciatura intatta di una finestra e del muro sottostante.
Ma l’incognita maggiore riguarda il ripristino della sala a palchi del teatro. Il progetto Garzillo – Cervellati, fatto proprio dal Comune e messo a bando, prevede un restauro modello, condotto da esperti restauratori, attuato artigianalmente con l’impiego di materiali originali previsti dal piano esecutivo del Poletti, quali il cotto, gli stucchi, le dorature, le diverse qualità di legno per garantire la notoria eccellente acustica e soprattutto avvicinarsi il più possibile all’alto valore estetico raggiunto dal grande architetto neoclassico. Per la direzione lavori occorrono competenza, esperienza e sensibilità. Chi porterà a termine un compito così delicato?
Auspichiamo che la filosofia del restauro pervada la ricostruzione del teatro e sia il punto di riferimento costante in chi lavora a questa impresa attesa da decenni dalla cittadinanza.
Come è avvenuto egregiamente di recente, con il restauro del pianoforte viennese, che Verdi suonava a Rimini durante le prove di Aroldo nel 1857, così il Comune provveda a restaurare il grande sipario storico di Francesco Coghetti, dipinto nello stesso anno, e considerato fra i più belli d’Italia.
Rimini città d’arte “Renata Tebaldi”
[Ariminum, Anno XXII – N.2 – Marzo – Aprile 2015]