“Il recupero del Teatro Galli? Uno scempio”. Intervista all’architetto Cervellati
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Secondo l'autore del progetto di recupero filologico del teatro polettiano, quello che sta prendendo forma grida vendetta. Rimini non avrà il teatro disegnato dall'ingegnere dello Stato pontificio ma un'altra cosa. Tradendo così anche le aspettative dei riminesi, a partire dall'associazione "Rimini Città d'Arte".
“Il progetto di recupero del Teatro Galli in corso di attuazione teoricamente è il suo…” A porre questa domanda al prof. Pierluigi Cervellati, quotato urbanista e architetto con una lunga esperienza in restauro, recupero e riqualificazione urbana, si viene interrotti prima di completare il quesito. Dal suo studio bolognese il professore risponde subito così: “Dalle informazioni che ho si tratta di una brutta copia del mio”. E’ la prima volta che l’architetto Cervellati interviene pubblicamente su quella che viene considerata un po’ la sua creatura. Ma, a quanto pare, a torto.
Il Soprintendente Elio Garzillo nel 2002 ottenne dall’allora Sottosegretario per i Beni culturali, Vittorio Sgarbi, l’incarico di procedere ad un restauro rispettoso del disegno di Luigi Poletti. E della redazione del progetto di ripristino filologico venne incaricato Cervellati, che nel 2004 consegnò il progetto esecutivo.
Lei è mai stato interpellato dall’amministrazione comunale per un consulto o per una verifica sulla effettiva corrispondenza dei lavori in corso di realizzazione al suo progetto di recupero filologico del Galli?
Non sono stato interpellato dall’amministrazione comunale, ma siamo in presenza di un grande pasticcio.
Il pasticcio riguarderebbe il fatto che è stata snaturata l’impostazione originaria, nel 2000 reclamata a gran voce dal cordone umano che “abbracciò” il Galli, organizzato dall’associazione “Rimini Città d’Arte”?
Direi di sì.
Lei fu scelto come responsabile progettuale anche perché nell’85 aveva già presentato un progetto in tal senso in occasione del concorso di idee sul Galli.
Penso anche per il mio curriculum in restauri di teatri che ho eseguito in diversi anni e in diverse località, anche se esperti non si è mai abbastanza in materia di restauro …
Torniamo al progetto di recupero filologico. Come andarono le cose?
Grazie anche al contributo di studiosi e ricercatori competenti come il prof. Rimondini, venne predisposto un progetto dal punto di vista del ripristino del teatro in senso filologico. Già dal 1985 avevamo lavorato sulla ricca documentazione custodita presso la biblioteca Poletti di Modena e successivamente altro materiale era stato reperito anche presso fotografi di Ravenna. Da questo punto di vista direi che non ho mai lavorato con tanta documentazione a disposizione.
Che le ha permesso di ricostruire per filo e per segno il Galli polettiano.
Infatti. Del teatro, che i bombardamenti distrussero solo nella parte della copertura e del palcoscenico, mentre i danni maggiori furono causati dall’uomo successivamente alla guerra (si pensi alla demolizione di una parte della cavea per ricavarci una palestra e a tutto il materiale depredato), il Poletti lasciò tutto quello che serve dal punto di vista dei disegni non solo per un ripristino tipologico, ma potremmo dire per permettere la fedele esecuzione del progetto 100 anni dopo. Tale e tanta è la documentazione disponibile da consentire una esecuzione “ritardata” del progetto di Poletti: disegni, tappezzerie, lampadari, sedie, candelabri…tutto. Un progetto quindi estremamente semplice da mettere su computer, da riscrivere, da copiare. Il nostro lavoro più impegnativo è stato quello di ricerca, trascrizione e confronto con la realtà successiva, anche attraverso la documentazione fotografica.
Sta di fatto che lei, autore del progetto di ripristino, è stato tenuto a debita distanza quando si è entrati nella fase attuativa del progetto. Non avrebbe dovuto essere il naturale direttore lavori?
Penso di sì… In quanto all’autore del progetto direi che il mio lavoro è stato di restituzione di quanto ci ha lasciato Poletti, non il progetto Cervellati come interpretazione del Poletti, che invece è quello che sta venendo fuori.
Abbonda il cemento nel Galli che sta sorgendo.
Io non avrei certamente utilizzato tanto cemento armato, addirittura anche le colonne sono in cemento armato. Ma che ne sarà dell’acustica? Temo che dovranno risolvere questo problema mettendo dei microfoni.
Come valuta il comportamento dell’amministrazione comunale?
Si è comportata in maniera molto maleducata…
Quella attuale o la precedente?
Entrambe. Anzitutto nei confronti del Soprintendente Garzillo, che aveva anche ottenuto i finanziamenti dal ministero per quel progetto, e anche nei miei.
Quindi non avremo il teatro polettiano com’era dov’era.
Sicuramente non si può dire che i riminesi avranno il teatro di Poletti, ma una scimmiottatura, una occasione sprecata.
Ci si chiede perché la Soprintendenza l’abbia consentito.
Me lo chiedo anche io. L’ex sindaco Ravaioli si rivolse alla Soprintendenza regionale, che aveva ricevuto l’ordine, da parte dell’allora ministro per i Beni culturali, Sandro Bondi, di accontentare gli enti locali territoriali in un momento segnato dalla crisi economica e quindi anche nell’ottica di favorire gli investimenti. Io ebbi modo di leggere quella, diciamo così, indicazione… Ma il progetto del Galli avrebbe dovuto essere gestito in termini culturali, non in altro modo. Anche fra i Soprintendenti ci sono alcuni che hanno la schiena dritta e altri meno.
C’è chi dice che il recupero filologico comunque sarebbe stato impossibile da realizzare per rispettare tutte le nuove normative entrate in vigore, a partire da quelle sulla sicurezza, è così?
No, no, no. Noi avevamo ottenuto il parere favorevole dei Vigili del Fuoco e anche dal punto di vista statico, attuando quella norma che entra in gioco nei restauri secondo cui gli interventi di rinforzo-sicurezza debbono essere fatti apportando un miglioramento rispetto alle norme in essere precedentemente. Non è che la sicurezza la si ottenga solo attraverso il cemento, ma anche con tutta una serie di rinforzi e correzioni statiche, senza però incidere sulla sonorità del materiale.
Sembra di capire che lei sia molto amareggiato per il Galli come non era.
Il mio dispiacere deriva dal constatare il grande pastrocchio, che si sia rinunciato ad avere un’opera di Poletti a Rimini.
A questo punto i fautori del progetto Natalini diranno che sarebbe stato meglio non seguire il ripristino filologico, che tanto nei fatti non è stato seguito.
Questo l’hanno sempre detto e Natalini mi guarda di traverso tutte le volte che lo incontro, … mi dispiace.
Ci terremo un Poletti riveduto e corretto, una via di mezzo…
Non è una via di mezzo ma uno scempio. A Bologna ci sono alcuni edifici bombardati che sono stati ricostruiti tali e quali, altri in modo diverso: quelli ricostruiti tali e quali, se non ci fosse una targa, che non sempre c’è, a ricordare che sono stati ricostruiti com’erano e dov’erano, nessuno se ne accorgerebbe. Ad esempio la loggia dei Mercanti, che fu bombardata per metà, ma i turisti che la guardano, così come i cultori dell’arte medievale, la considerano giustamente come un’opera di Antonio di Vincenzo del 1300 perché l’intervento di recupero è stato “com’era dov’era”.
Come avrebbe dovuto accedere col Galli.
Esattamente, perché il teatro di Poletti è qualcosa di molto importante e il suo progetto di recupero filologico era stato il frutto anche della volontà collaborativa e culturale dei riminesi, permettendo di realizzare un’operazione eccezionalmente qualificata, ripeto non per merito mio ma di ricercatori di prim’ordine e della qualità progettuale del Poletti… i suoi disegni sono una meraviglia, non sono da interpretare ma semplicemente da eseguire…. alla trascrizione del progetto che noi abbiamo fatto coi sistemi informatici, l’amministrazione comunale e il direttore lavori del Galli avrebbero dovuto attenersi scrupolosamente.