Terni concamagica. Teatro Verdi: S(concerto) per archi(tetti) [19.6.2012] di Vladimiro Paiella

Teatro Verdi: (S)concerto per archi(tetti)

Vladimiro Paiella

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Terni. Il teatro Verdi del Poletti.

Quello che colpisce maggiormente nella vicenda dei lavori del Teatro Verdi è la fretta, la frenesia di cominciare i lavori per la sua “messa in sicurezza” da parte di questa Amministrazione, senza sapere che cosa se ne farà del ripristino di questo teatro. Ma la messa in sicurezza, per chi conosce le procedure, è successiva ad un serio progetto di intervento e di recupero e finché non si ha chiaro il progetto di recupero, di quale messa in sicurezza si va parlando? Lo ha recentemente ribadito un tecnico di notevole livello come l’architetto Botta che ha ripetuto a chiare lettere quello che noi andiamo (inascoltati) dicendo da tempo contro l’ostinata volontà del Comune di fare opere che attualmente sono non solo inutili, ma dannose… Ha chiesto l’Archistar svizzero Botta durante la sua visita al cantiere del teatro: si vuole ricostruire quel “contenitore di magie, quel piccolo gioiello in attesa di tornare alla luce”, come era il teatro originale o si intende dell’altro? È importante saperlo prima di fare opere di messa in sicurezza!

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Terni. Teatro Verdi.

 Altri autorevoli hanno preso  posizione sul cosa tentare di fare, le dichiarazioni dell’architetto Leonelli che con l’architetto Struzzi hanno una  consolidata esperienza di ripristino di molti teatri dell’Umbria, la scuola di teatro della famiglia Moschin, maestri encomiabili e conoscitori profondi di teatro che esortavano l’Amministrazione Comunale a “volare alto” e oggi anche la testimonianza di un altro emerito grande esperto di teatro, il maestro Carlo Palleschi, ternano che ha diretto le orchestre in tutto il mondo e che in un intervento recente sulla stampa locale spiega come sia culturalmente doveroso puntare sul ripristino dell’antico teatro all’italiana del Poletti (1792-1869) e non solo per ragioni di decoro storico, ma anche e soprattutto per motivi tecnici di acustica, laddove i teatri dell’ottocento, con il sistema della curvatura della platea e le rientranze dei palchetti creavano una cassa armonica derivata dall’esperienza degli strumenti a corda, perfetta per l’orchestrazione classica e lirica. Ora vorrei aggiungere un’altra fonte autorevole alla già numerosa schiera di personaggi che in parte ho citato e che si schierano apertamente per un ripristino filologico del teatro com’era in origine, con i suoi mille posti e la sua dignità storica e tecnica, e questi è l’architetto Pierluigi Cervellati, coordinatore del progetto di ripristino filologico del Teatro Galli di Rimini, progettato insieme al Teatro Verdi di Terni dall’architetto Poletti nella seconda metà del 1800.
(aggiungo una nota tratta dall’
Enciclopedia Treccani sull’Architetto Cervellati Pier Luigi): Urbanista italiano (n. Bologna 1936). Saldando l’impegno didattico (prof. di urbanistica alla facoltà di lettere di Bologna) e scientifico con l’attività politico-amministrativa, nel 1964, in qualità di assessore al Comune di Bologna, ha messo a punto e verificato negli anni successivi, ipotesi di inserimento dell’edilizia economico-popolare nel centro storico, elaborando appositi piani: per Bologna (1972-73) e per Modena (1974-75). In numerose pubblicazioni ha affrontato questioni di storia urbana, di edilizia e di metodologia del restauro urbano.

imini, teatro A. Galli

Rimini, teatro A. Galli

imini, teatro A. Galli. Progetto di Luigi Poletti. Restaurato.

Rimini, teatro A. Galli. Progetto di Luigi Poletti. Restaurato.

Scrive l’architetto Cervellati: “Il restauro del teatro progettato da Poletti è il segno della nostra modernità“. L’intervento di restauro del teatro di Rimini costruito su progetto di Luigi Poletti pone una questione architettonica e ‘filosofica’ per così dire classica: procedere con un ripristino filologico oppure con una ricostruzione libera dai vincoli progettuali originari? La scelta del Ministero per i Beni Culturali, che nel 2004 ha commissionato la redazione del progetto esecutivo, si è chiaramente orientata verso la prima soluzione. Per motivi a mio avviso giusti e condivisibili. Al di là delle leggi, il teatro di Luigi Poletti è un capolavoro dell’architettura teatrale dell’800 e dunque per questo non sostituibile. L’architettura moderna, o post moderna, dovrebbe manifestarsi in periferia per caratterizzare la città contemporanea. Purtroppo, nelle periferie italiane, l’architettura moderna ha lasciato poche tracce. Nella città storica ha spesso compiuto disastri. Non solo. Se ogni epoca ha il diritto e dovere di manifestare la propria cultura, perché distruggere (con una pseudo tipologia ottocentesca) il teatro d’opera polettiano che corrisponde perfettamente alla cultura del suo tempo ed è funzionale al nostro?  Rimini continuerà ad avere bisogno di un teatro all’Italiana per rappresentare non solo la lirica o la commedia, ma addirittura sé stessa. La sua storia, le sue radici, la propria identità culturale. Il Tempio Malatestiano è stato ricostruito com’era e dov’era. Riuscite a immaginarlo cosa sarebbe oggi se lo avessero ricostruito secondo i canoni dell’architettura moderna? La Fenice di Venezia è stata ricostruita quasi uguale a prima. Fra qualche anno nessuno ricorderà l’ultimo incendio. Del resto non si capisce perché si dovrebbe restaurare la parte ancora esistente (per altro vincolata) del Teatro di Rimini e fare una nuova e “moderna” architettura per quel 40-45% circa che manca. La soluzione progettuale è tesa a restituire un monumento che esiste. Non solo nella memoria diretta o indiretta di molti riminesi. Esiste nei fatti.

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Fano. Teatro della Fortuna. Progetto di Luigi Poletti. Restaurato.

 Non sarà un falso storico – nonostante talvolta siano meglio dei falsi moderni – bensì la restituzione autentica di un’opera d’arte. Il metodo del ripristino filologico è semplice quanto trasparente nell’indicare le innovazioni e gli aggiustamenti che si sarebbero dovuti fare anche se il teatro non fosse stato danneggiato. L’impianto di condizionamento, ad esempio, nascosto sotto il tavolato della platea, renderà gradevole anche nella calura estiva assistere ad un opera lirica in un luogo teatrale che non ha equivalenti al mondo. E costa meno del nuovo. Semplice nel riprodurre il disegno, forme e strutture progettate dal Poletti o successivamente, fino al bombardamento. L’importo complessivo per la ricostruzione filologica del Teatro Galli ammonta orientativamente a 22 milioni di euro. Dove reperire i finanziamenti? Innanzitutto è già possibile ipotizzare – dopo lo stanziamento nell’anno 2007 di 500.000 € destinati al restauro del foyer del teatro – che negli anni 2008, 2009 e 2010, attraverso i rispettivi esercizi di bilancio l’Amministrazione comunale di Rimini possa destinare a questo prioritario obiettivo somme adeguate. L’Ente pubblico poi si sta muovendo su altri fronti. Innanzitutto è partita la contrattazione con il Ministero per i Beni Culturali per accedere ai previsti dai fondi Arcus Spa. Quest’ultima è la società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo il cui capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell’Economia. Il compito istituzionale di Arcus è sostenere in modo innovativo progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni e delle attività culturali, anche nelle sue possibili interrelazioni con le infrastrutture strategiche del Paese. E’ ovvio, inoltre, che per una partita importante come il ‘Galli’ non possa mancare l’apporto dei “privati” riminesi. Sul frontone del teatro c’è una epigrafe il cui inizio così recita: «Aere civium», cioè a dire «con il concorso dei cittadini..» : perché proprio grazie ai contributi dei cittadini si arrivò all’inaugurazione del teatro proprio 150 anni fa.

Occorrerà dunque definire al più presto proposte di coinvolgimento dei cittadini o comunque iniziative capaci di convogliare risorse economiche private su questo progetto, essenziale per il futuro della città. Infine, d’accordo con quanto suggerisce il Maestro Palleschi, visto che la litania dei soldi mancanti è imperante in Comune, sperando che non sia un alibi per l’effettiva mancanza di idee e coraggio e visto che a Terni si sono già costruite ben tre inutili sale chiamate Auditorium e che al massimo possono ospitare musica da camera ma che non sono di più e soltanto che sale congressi e, aggiungo ancora, visto che non paghi di tanto spreco si è costruito un teatrino per pochi dentro un capannoncino in disuso, suggerirei di soprassedere al ripristino o al massacro che dir si voglia del teatro Verdi in attesa di tempi migliori e di costruire finalmente un vero e serio Auditorium che possa ospitare le orchestre classiche per le migliaia di appassionati e tesserati ternani, magari in via Bramante e con l’aiuto di Archistar che attirino i finanziamenti degli sponsor.