Giovanni Rimondini: L'altare maggiore del Tempio Malatestiano, manomesso e spostato nel 1999 è un dono di Napoleone a Rimini [4.2.2003]

IL TEMPIO MALATESTIANO? UNA CATTEDRALE NAPOLEONICA

Intervento dello storico dell’arte Giovanni Rimondini

L’articolo sul Ponte del 26 gennaio scorso dal titolo Napoleone non fece mai altari a firma di Pier Giorgio Pasini ha suscitato una riflessione di Giovanni Rimondini, vicepresidente di Rimini Città d’Arte.

In Chiamami Città magazine n. 3 agosto 2001, chi scrive aveva già anticipato la provenienza dell’altare maggiore del tempio Malatestiano dalla chiesa dei Teatini e ripubblicato il decreto di Napoleone sul Tempio Malatestiano e i suoi arredi. Riproponendo intero il decreto napoleonico per quanti desiderano onorare la verità storica: “Napoleone I per la grazia di Dio e per le costituzioni imperatore de’ francesi, e re d’Italia. Milano, 8 giugno 1805. Sopra rapporto del Ministro per il Culto Decreta:

Art. I – La Cattedrale di Rimini è trasportata nella Chiesa de’ soppressi conventuali di detta Città.

Art. II – E’ contiguamente alla medesima assegnata l’abitazione necessaria per il Parroco, pei Sacrestani, e pei comodi di Sagrestia.

Art. III – La vicina piccola chiesa di S. Giuseppe è destinata per Battistero.

Art. IV – Sono concessi per Coro della Cattedrale gli Stalli della Chiesa degli ex- Lateranensi.

Art. V – Il Ministro per il Culto è autorizzato a far assegnare in servigio della Cattedrale quei mobili, ed altri effetti giacenti ritratti dalle Chiesa soppresse, che risultino necessari per il Duomo, ed uso degli Uffici sacri. Il ministro per il Culto è incaricato dell’esecuzione del presente Decreto. Firmato Napoleone”.

Risparmio tutti gli altri documenti che ho cercato e trovato nell’archivio del regno Italico a Milano e altrove. Quando l’altare maggiore, come scrive Pasini, “fu trovato nell’ex chiesa dei Teatini”, a chi appartenevano l’altare e la ex Chiesa dei Teatini? Appartenevano al demanio, cioè a Napoleone. In forza dell’articolo V del Decreto di Napoleone, si poté trasferire nella nuova cattedrale, previ numerosi permessi incrociati di burocrati locali e milanesi, la balaustra di marmo e l’altare degli ex Teatini.

Il giorno di San Pietro del 1809, l’altare maggiore fu consacrato dal veronese Gualfardo Ridolfi, nominato vescovo di Rimini da Napoleone col beneplacito di Pio VII, il 18 settembre 1807. Perché l’abbiamo chiamato altare napoleonico? Per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e contrastare una dissennata politica distruttrice che depaupera il Tempio e mortifica la fase napoleonica della storia cristiana di Rimini, volevamo e vogliamo marcare il valore storico dell’altare napoleonico, cioè dell’altare dono di Napoleone, e del Tempio, che è insieme chiesa cristiana antichissima, chiesa francescana, chiesa malatestiana, Tempio di Sigismondo e di Pletone, e cattedrale napoleonica di Rimini.

Lo storico del Ponte chiede: “Quando mai Napoleone ha finanziato la costruzione di altari?” Ebbene, Napoleone ha finanziato la costruzione di altari quando ha ricristianizzato la Francia, dove moltissimi altari erano stati distrutti o manomessi nei tempi caldi della grande Rivoluzione che aveva deciso la fine della chiesa d’antico regime. E in Notre Dame di Parigi, per la sua consacrazione imperiale, fenomeno politico cristiano, alla quale assisteva il papa in posizione subordinata, l’altare maggiore fu disegnato da David. Napoleone nella storia istituzionale della chiesa cristiana, piaccia o no ai teocrati integralisti, che non credono nella Provvidenza e nei suoi “uomini”, è il terzo grande imperatore cristiano dopo Costantino, che inventò la chiesa cristiana, e Carlo Magno, che convertì con la forza l’Europa al cattolicesimo. Napoleone scelse deliberatamente di dare uno spessore “imperiale”, cioè classico e cristiano, alla sua politica civile, militare ed ecclesiastica. Il suo impero durò poco ma la linea di politica concordataria tracciata da lui vale tutt’ora. L’alternativa alla separazione di stato e chiesa sarebbe solamente una nuova teocrazia, prospettiva così insensata che in tanti preferiremmo piuttosto tranquillamente aderire all’Islam. Napoleone fu “consacrato” Cesare, va ribadito per ricordare a quei preti che perdono i pezzi del Vangelo il versetto di Matteo 22 e qualcosa: “Date a Cesare quel che è di Cesare”. Napoleone fu un Cesare che seppe contrastare i capricci teocratici del papa e dei vescovi.

Altro che Berlusconi, che per debolezza politica avvalla i capricci distruttivi dei vescovi di Pisa e di Rimini. Molti ecclesiastici di fede sicura lo seguirono. Che Napoleone personalmente non avesse la fede, o fingesse di averla, come sappiamo di Costantino o Carlo Magno, e di numerosi re, presidenti, papi e cardinali, è questione di scarso livello storico e politico. Nessuno fa caso al doppio matrimonio, per fare un esempio, di Berlusconi e Fini.

Pasini cita un documento dal quale risulterebbero notizie di un altare maggiore teatino del 1753 opera di un giovane architetto romano. Ma dopo il terremoto del 1786 i Teatini si affidarono per la ricostruzione della loro chiesa all’architetto Camillo Morigia. L’altare napoleonico della cattedrale – cioè l’altare dei Teatini dono di Napoleone – sembra proprio esser opera del Morigia ed è paragonabile ai disegni d’altare dell’architetto ravennate. Non è un altare “modesto” come scrive Pasini, che vuole giustificare la sua distruzione post eventum, ma è un monumento artistico morigiano – o del Morigia o di un suo seguace – di tutto rispetto.

Certo è stato “degradato”, come scrive lo stesso Pasini, “con qualche gradino di meno”, nella sua collocazione attuale. Proprio sopra l’altare degradato è stato spostato il Piero della Francesca, l’altra manomissione nel Tempio Malatestiano, denunciata da Vittorio Sgarbi.

In un articolo uscito sul Carlino l’11 dicembre 1984, intitolato Spostiamo il Piero. Meglio un altare laterale per il capolavoro, Pasini sostiene che l’affresco va spostato dalla “sua cella di rigore” e collocato in una cappella. E così è stato.

Secondo me abbiamo perso un Piero per un Pier Giorgio della Francesca.

Giovanni Rimondini

[Giovanni Rimondini, Il Tempio Malatestiao? Una cattedrale napoleonica, Corriere di Rimini, martedì 4 febbraio 2003, pag. 32].